Quando nel 1937 René Magritte si accinse a ritrarre Sir Edward James non poteva certo immaginare che quel quadro “Le Principe du Plaisir” sarebbe stato venduto per quasi 27 milioni di dollari.
Lunedì scorso l’asta newyorchese di Sotheby’s ha infatti battuto il record mondiale per un quadro dell’artista belga. Un bel regalo per Magritte a quasi 120 anni dalla sua nascita avvenuta il 21 novembre 1898.
Il ritratto ebbe come traccia una foto scattata da Man Ray al filantropo e stravagante mecenate del surrealismo, il miliardario britannico Edward James.
Quella giacca indossata in maniera impeccabile nella foto di Man Ray prende nel dipinto una forma totalmente diversa: i revers si piegano e nascondono ombre diffondendo una sensazione di mistero sul corpo del soggetto ritratto, mistero che culmina inaspettatamente in una sfera di luce, simile ad un flash, posta a celare il volto del soggetto.
La mano poggiata sul piano ma in evidente tensione e la pietra, che diverrà elemento tipico della sua pittura, esprimono tutta la capacità riconosciuta a Magritte di insinuare con le sue opere infiniti dubbi sul reale attraverso il reale stesso, la forza di accentuare la tensione fra il visibile e il nascosto, l’idea di non accettare le cose così come sembrano apparire.
Chi sia veramente quell’uomo non si sa, così come accade per i tanti uomini con la bombetta ritratti dall’artista e celati da una mela, da una colomba, da un giornale.
Questi personaggi divenuti iconici vestono elegantemente: completo scuro, colletto inamidato, cravatta rossa e bombetta.
Impersonano un tipico borghese del Novecento eppure, associati ad oggetti comuni, creano un effetto di inquietante stupore che li fa emergere dalla banalità dei loro abiti tutti uguali.
Nel chiedermi perché Magritte abbia scelto di mettere in scena un uomo con il suo abito elegante, quei signori ben vestiti diventeranno soggetti frequentatissimi nella pittura magrittiana, mi piace pensare che nell’immaginario dell’artista fossero rimasti ben impressi gli abiti che suo padre, sarto e mercante di tessuti, confezionava per i suoi clienti.
Il che porta a pensare che René, personaggio non stravagante come gli artisti suoi contemporanei ma sempre rigoroso nei suoi completi classici, fosse un profondo conoscitore di abiti.
Tanto più che la sua vicinanza alla moda è testimoniata dai bozzetti che, quando ancora era all’inizio della sua carriera di pittore, disegnò per rappresentare i modelli della più importante sartoria belga dell’epoca, la Sartoria Norine.
Oltre che illustratore dei cataloghi di moda, per Norine creò anche l’immagine pubblicitaria disegnando un manichino metà stoffa e metà donna per la Maison che acquistò notorietà mondiale precorrendo l’avanguardia nella moda.
In seguito, durante il suo soggiorno a Parigi, frequentò l’atelier di Elsa Schiaparelli, a quel tempo la rivale di Coco Chanel, collaborando con la grande sarta italiana nel disegnare alcuni accessori che verranno poi esposti come opere d’arte (i famosi guanti con le unghie laccate).
Le interpretazioni dell’opera di un artista possono sempre essere molteplici e comunque giustificabili, ma, come Magritte stesso ci ha insegnato, ci si può’ sempre sorprendere e restare spiazzati nello scoprire verità insospettabili.